Operazione Achse - Dissoluzione dell'esercito italiano
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Dissoluzione delle forze italiane nella penisola
Incertezza e confusione
I comandi superiori italiani avevano diramato, nelle settimane precedenti l'8 settembre, una serie di disposizioni per istruire comandanti e truppe sul comportamento da tenere in caso di ritiro dalla guerra e di possibili aggressioni tedesche. Si trattava dell'ordine n. 111 dello Stato Maggiore del Regio Esercito del 10 agosto, dellaMemoria OP 44 del 26 agosto emessa in sole dodici copie dal generale Roatta (su istruzione del generale Ambrosio) e indirizzata ai comandi periferici maggiori, e dei promemoria n. 1 e n. 2 del 6 settembre, inviati dal Comando Supremo agli stati maggiori delle tre armi con indicazioni sulla dislocazione delle truppe nei vari teatri di operazioni.
Un carro Panzer IV tedesco in Italia nell'estate 1943.Queste direttive, generiche, poco dettagliate e quasi inapplicabili anche per eccessive misure di segretezza, si dimostrarono inefficaci e contribuirono, come del resto la stessa vaghezza del messaggio radiofonico del maresciallo Badoglio della sera dell'8 settembre, a confondere e rendere insicuri e indecisi i comandi periferici delle maggiori unità italiane di fronte all'assoluta novità del cambio di campo e all'aggressività delle formazioni tedesche. La situazione delle forze armate italiane fu aggravata anche dalle contraddittorie disposizioni emanate dal generale Ambrosio la sera dell'8 settembre, che limitavano l'iniziativa a misure difensive in caso di attacchi tedeschi, e l'ordine del generale Roatta della notte del 9 settembre che esigeva soprattutto di evitare disordini e sedizioni tra le proprie truppe.Di fronte alla fredda efficienza delle formazioni tedesche che manifestarono subito dura aggressività e richiesero, con minacce e intimidazioni, la resa o la collaborazione dei comandi dell'ex-alleato, i comandanti italiani, intimiditi anche in modo decisivo dalla formidabile reputazione di capacità bellica della Wehrmacht, ben presto abbandonarono, tranne alcune eccezioni, ogni intenzione di resistere, mentre le truppe, senza ordini precisi e senza guida, spesso si sbandarono in massa. La situazione dei tedeschi in Italia in realtà si presentava difficile; mentre il feldmaresciallo Rommel, comandante del Gruppo d'armate B, aveva il compito più facile di occupare le regioni settentrionali e sgominare la resistenza delle forze italiane presenti, il feldmaresciallo Kesselring, comandante del Gruppo d'armate C, si trovò in grande difficoltà l'8 settembre. Dopo aver subito il bombardamento aereo del suo posto comando a Frascati, riuscì solo fortunosamente a ricevere comunicazione della parola in codice "Achse" e apprese anche dell'inizio del massiccio sbarco alleato a Salerno[66], difesa solo da una parte della 16. Panzer-Division. In un primo momento il feldmaresciallo temette di non riuscire a contenere gli alleati e contemporaneamente eseguire la sua missione contro Roma, nel quadro dell'operazione "Achse". Lo stesso OKW ipotizzò la perdita delle otto divisioni tedesche schierate nell'Italia meridionale. Nei fatti Kesselring mostrò notevole capacità e le truppe tedesche combatterono con abilità ed efficacia. Nonostante i consigli di Rommel di abbandonare rapidamente l'Italia del sud e ripiegare a nord sulla linea La Spezia-Rimini, Kesselring non solo riuscì ad evitare l'isolamento e la distruzione delle sue forze, ma mise in difficoltà la testa di ponte alleata di Salerno, contrattaccò con qualche successo, dopo aver concentrato il 14° e il 76º Panzerkorps con tre divisioni corazzate e due divisioni Panzergrenadier, e organizzò un abile ritirata a nord di Napoli. Contemporaneamente con una parte delle sue forze riuscì ad eseguire il piano "Achse" ed occupare la capitale italiana.