2015 Rassegna stampa

La seconda vita della Casetta Rossa Il futuro delle Case del Popolo

Corriere di Bologna 17 ottobre 2015
In via Bastia la riqualificazione dello storico immobile
La Casetta Rossa di via Bastia

BOLOGNA - Progettare le Case del Popolo del futuro. O meglio, ristrutturare e riqualificare quelle esistenti, «riattualizzandole», precisa il sindaco Virginio Merola, «recuperando quella radice di relazioni fra cittadini e di partecipazione collettiva che è alla base della nostra democrazia». LA NOTTE E LA CASETTA ROSSA - Tema di queste ore, in concomitanza con la terza edizione de La Notte Rossa, week end nazionale in svolgimento anche a Bologna, dedicato alla valorizzazione, alla conoscenza e al rilancio di quegli immobili. Pensieri e parole affettuose quelle spese venerdì sera dal primo cittadino, dall’ex governatore Vasco Errani (che rilancia il progetto dell’Ulivo) e dall’uscente rettore Ivano Dionigi (che insiste sulla parola «insieme»), alla Casetta Rossa di via Bastia, storica Casa del Popolo che si appresta a cambiare volto, ma non pelle, con una decisa «rigenerazione» elaborata da un gruppo di studio di studenti di Architettura dell’Università di Bologna: per ora è stato presentato il progetto (che presto si potrà vedere all’Urban Center) e la proprietà, Fondazione Duemila, deve ancora decidere se e quando intervenire.

RIQUALIFICAZIONE - Si parla quindi della seconda vita di un’esperienza «sociale civile e politica» che ha caratterizzato la storia della nostra città (e non solo della nostra, certo) e che ora si vuole recuperare tenendo conto delle trasformazioni profonde della società e dei modi di vivere, di condividere, di partecipare e di discutere confrontandosi (un tempo il sale e la forza di questi luoghi). Di questo hanno parlato i tre ospiti, seduti al tavolo insieme a Giuseppina Muzzarelli, davanti ai tanti volontari (naturalmente tutti over) che tengono in vita questa cellula di socialità nel cuore di quello che fu il Villaggio della Rivoluzione Fascista, un esempio di architettura e urbanistica razionalista di grande qualità.

AUTOCOSTRUZIONE - La Casetta però fu costruita appena dopo, nel 1950, su un angolo incompleto del progetto fascista, proprio lì dove sarebbe dovuto sorgere il monumento del rione fascista. Se la costruirono da soli i bolognesi quella casetta, con le proprie mani, usando anche materiali provenienti dalla riviera e che nei decenni hanno rilasciato un mare di umidità. Però ci sono stati (e ci stanno) bene. Dopo 65 anni però è necessaria una rinfrescata, strutturale e funzionale. Il popolo di queste fondamentali case continua a essere solidale, volontario, attento alle istanze dei più bisognosi, pronto ad organizzare e dibattere, ma non può continuare ad essere un popolo «anziano»: l’inclusione delle altre culture deve andare di pari passo con quello delle nuove generazioni (ventenni, trentenni e fino ai cinquantenni, di cui non si vedeva profilo nell’incontro di venerdì sera).

NUOVE PROPOSTE - Ecco allora che il progetto architettonico, coordinato dal professor Ceccarelli, prova a offrire qualche «apertura». Come l’abbassamento delle finestre che si affacceranno su via Bastia e che nel ’50 vennero posizionate invece lassù in alto perché questo luogo nasceva (in un periodo di forti contrasti politici e dentro un’area di stampo fascista) come un fortino da proteggere; poi la grande vetrata che separerà la sala polifunzionale intitolata a Irma Bandiera tutta protesa verso il giardino; e ancora, appunto, il cortile che verrà ampliato recuperando una veranda fittizia che ora serviva da mensa (spostata nella sala polifunzionale); infine la progettazione di uno spazio di co-working, fenomeno certo più in uso ai ragazzi piuttosto che ai pensionati (ma non è detto).

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